Quest’epoca di wrestling è davvero stramba. E’ come se fosse un mix disordinato di gimmick retrò, qualche personaggio edulcorato dell’era attitude e tanti, forse troppi personaggi “kid friendly”. In questo contesto ben si colloca un heel come Damien Sandow, ossia il “maestrino”, nemico naturale del pubblico attuale a cui la WWE mira così disperatamente, ossia i più giovani. E se a questo aggiungiamo che non dispiace neanche a noi fan smart, il successo per questo personaggio sarebbe dovuto essere scontato…dunque cosa è andato storto? Analizziamolo assieme nell’editoriale odierno!
La gimmick di Damien Sandow, in fondo in fondo, un po’ è attuale ed un po’ è antica. L’heel, quello vecchia maniera, non deve essere acclamato dal pubblico, se non quando schienato senza pietà dal babyface di turno: l’heel moderno, invece, racchiude in se tutto il fascino dell’antieroe byroniano, viene acclamato nonostante il suo essere scorretto e “solitario”, a prescindere dai mezzi che usa per vincere o dalla voglia di offendere il pubblico che lo sostiene. Non è un caso, infatti, che i più acclamati “face” della federazione siano in realtà tutti cattivi, a parte sparute eccezioni come Cena, Taker e Jericho. Parlo di Mark Henry, di CM Punk, di Ziggler, di Lesnar e naturalmente del meraviglioso Shield. In questo contesto, dicevamo, Sandow merita un discorso a parte: pur divertendo e riscuotendo consensi resta un heel un po’ old school, e paradossalmente questo suo modo di interpretare il cattivo finisce con il renderlo meno over di quanto meriterebbe. Mi spiego.
Così come John Cena, Del Rio, Kofi Kingston e Sheamus sono babyface tutto sommato elementari nel loro essere buoni, così Sandow è elementare nell’essere cattivo. Il nemico durante l’attitude era, con un pubblico composto da giovani uomini o adolescenti, era il datore di lavoro, spietato e scorbutico, che tutti avrebbero voluto ammazzare di botte alla “fight club”. La nemesi dello spettatore moderno invece è il ragazzino che sa tutto a scuola e guarda il mondo dall’alto in basso, il maestro che usa termini difficili per esprimere concetti semplici, il genitore bacchettone che utilizza termini forbiti e condanna l’utilizzo dei social network, il fratello maggiore che pensa di sapere alla perfezione come ci si debba comportare in ogni occasione: Damien Sandow incarna esattamente questo ideale di “heel PG”, con tutte le sfaccettature sociologiche sopradescritte e con un modo di interpretare la gimmick davvero superbo. Dunque perché non è over?
Innanzitutto le reazioni che suscita, volente o nolente, sono sempre tiepide. Odiato dai bambini, semi ignorato dagli adulti, apprezzato dai fan smart ma non a livelli esagerati: questo mix di reazioni diverse tra loro fornisce un’unica, mediocre reazione colclusiva che risulta essere quasi sempre non eccelsa. Inoltre, ogni qualvolta riesce ad attirare su di se un minimo di heat, il tutto sfuma immediatamente quando finisce con l’avere la peggio contro il face di turno, cosa che accade la maggior parte delle volte. Questo dipende sicuramente dal tipo di personaggio che viene interpretato, ma anche da una cronica, inflazionata, reiterata defezione di booking. Tanto per cambiare, eh.
Il concetto di faida è un meraviglioso espediente nato nel paleozoico per far accrescere l’interesse verso un match e soprattutto verso i suoi protagonisti. Tale espediente, prima utilizzato in ogni fascia del magic-wrestling, dalla più bassa alla più alta, di recente viene utilizzata solo per l’uppercard, in quanto sette ore di programmazione settimanale non sono abbastanza per utilizzare il suddetto espediente anche nel midcarding, che so, per far emergere qualcuno di nuovo ad esempio. Invece il tempo è sempre tiranno, perché vedere Randy Orton fare un match già fatto a Smackdown tre giorni prima (con il medesimo risultato) è prioritario rispetto al proporre qualcosa di interessante o, che so, di nuovo. Per non parlare dei meravigliosi promo di un quarto d’ora dove viene venduta aria fritta da John Cena, essenziali per rendere irresistibile lo show. Demolire il nulla è senza dubbio più pagante, facile, immediato e decisamente meno stancante rispetto al costruire qualcosa. Ed il nostro guru della saggezza, Damien Sandow, è esattamente investito dal Nulla, che tanti danni fece a Fantàsia (cit.).
Sin dagli albori del suo nuovo stint in WWE, Sandow non ha mai avuto un feud degno di tale nome, ne in singolo ne in coppia. Eppure di tempo ne è trascorso, eccome. Il personaggio ha del potenziale, è riconoscibile, è un buon heel, seppur decisamente diverso da quelli attuali e giustamente, per lanciarlo, non viene fatto assolutamente nulla. Le scaramucce contro Sheamus, Zack Ryder o in coppia contro il team Hell No ed i Tons of Funk non sono assolutamente definibili come faide, dunque non si può davvero chiedere l’impossibile ad un personaggio contrapposto al nulla. Anche Federer e Nadal potrebbero sfidare un muro di cemento armato in un doppio di tennis, ma i loro rovesci incrociati ed i loro diritti di top/spin lungo linea non farebbero mai breccia.
Emblematici sono anche due eventi: lo split/non split dei Rhodes Scholars e la cancellazione del match che si sarebbe dovuto tenere a Wrestlemania tra questi ed i Tons of Funk. Il primo, emblematico della teorica volontà di proporre due buoni performer come Rhodes e Sandow come lottatori singoli ma della mancanza più totale di volontà pratica, il secondo invece fortissimo sintomo della pigrizia nel gestire tempi e storyline, in un periodo in cui Raw è così satura di contenuti “vuoti” che anche Smackdown finisce con l’essere il proseguimento inerte di uno show, tutto sommato, stanco.
Un tempo a Smackdown sarebbe stato semplice per Sandow brillare, essere impegnato in mille vignette diverse o angle “sui generis” come quello messo in piedi per poche settimane in cui era alla ricerca di un suo assistente tra il pubblico…oggi invece lo show blu non offre assolutamente nulla che non sia Raw Rebound vero o implicito, match già triti, video/packages di rivalità ed angle già svolti e main event sempre tra i soliti quattro gatti. Lo show blu avrebbe tutte le carte in regola per essere un luogo dove testare e sperimentare, ma l’impressione che traspare è quella di un’indolenza che mi sta rendendo davvero difficile apprezzare il prodotto nel suo complesso, salvo sporadiche eccezioni.
Concludendo, potremmo dire che Damien Sandow è l’uomo giusto al momento sbagliato, perché non c’è qualità inring o al microfono che possa reggersi in piedi da sola. Anche lui è uno di quei personaggi che sono messi li, per vincere un match su cinque e prendersi calcioni ed RKO a piacimento i restanti quattro…almeno con Rhodes, Cesaro e Barrett il buon Damian avrà sicuramente tanti compagni da illuminare.
“You’re welcome!”
Così come John Cena, Del Rio, Kofi Kingston e Sheamus sono babyface tutto sommato elementari nel loro essere buoni, così Sandow è elementare nell’essere cattivo. Il nemico durante l’attitude era, con un pubblico composto da giovani uomini o adolescenti, era il datore di lavoro, spietato e scorbutico, che tutti avrebbero voluto ammazzare di botte alla “fight club”. La nemesi dello spettatore moderno invece è il ragazzino che sa tutto a scuola e guarda il mondo dall’alto in basso, il maestro che usa termini difficili per esprimere concetti semplici, il genitore bacchettone che utilizza termini forbiti e condanna l’utilizzo dei social network, il fratello maggiore che pensa di sapere alla perfezione come ci si debba comportare in ogni occasione: Damien Sandow incarna esattamente questo ideale di “heel PG”, con tutte le sfaccettature sociologiche sopradescritte e con un modo di interpretare la gimmick davvero superbo. Dunque perché non è over?
Innanzitutto le reazioni che suscita, volente o nolente, sono sempre tiepide. Odiato dai bambini, semi ignorato dagli adulti, apprezzato dai fan smart ma non a livelli esagerati: questo mix di reazioni diverse tra loro fornisce un’unica, mediocre reazione colclusiva che risulta essere quasi sempre non eccelsa. Inoltre, ogni qualvolta riesce ad attirare su di se un minimo di heat, il tutto sfuma immediatamente quando finisce con l’avere la peggio contro il face di turno, cosa che accade la maggior parte delle volte. Questo dipende sicuramente dal tipo di personaggio che viene interpretato, ma anche da una cronica, inflazionata, reiterata defezione di booking. Tanto per cambiare, eh.
Il concetto di faida è un meraviglioso espediente nato nel paleozoico per far accrescere l’interesse verso un match e soprattutto verso i suoi protagonisti. Tale espediente, prima utilizzato in ogni fascia del magic-wrestling, dalla più bassa alla più alta, di recente viene utilizzata solo per l’uppercard, in quanto sette ore di programmazione settimanale non sono abbastanza per utilizzare il suddetto espediente anche nel midcarding, che so, per far emergere qualcuno di nuovo ad esempio. Invece il tempo è sempre tiranno, perché vedere Randy Orton fare un match già fatto a Smackdown tre giorni prima (con il medesimo risultato) è prioritario rispetto al proporre qualcosa di interessante o, che so, di nuovo. Per non parlare dei meravigliosi promo di un quarto d’ora dove viene venduta aria fritta da John Cena, essenziali per rendere irresistibile lo show. Demolire il nulla è senza dubbio più pagante, facile, immediato e decisamente meno stancante rispetto al costruire qualcosa. Ed il nostro guru della saggezza, Damien Sandow, è esattamente investito dal Nulla, che tanti danni fece a Fantàsia (cit.).
Sin dagli albori del suo nuovo stint in WWE, Sandow non ha mai avuto un feud degno di tale nome, ne in singolo ne in coppia. Eppure di tempo ne è trascorso, eccome. Il personaggio ha del potenziale, è riconoscibile, è un buon heel, seppur decisamente diverso da quelli attuali e giustamente, per lanciarlo, non viene fatto assolutamente nulla. Le scaramucce contro Sheamus, Zack Ryder o in coppia contro il team Hell No ed i Tons of Funk non sono assolutamente definibili come faide, dunque non si può davvero chiedere l’impossibile ad un personaggio contrapposto al nulla. Anche Federer e Nadal potrebbero sfidare un muro di cemento armato in un doppio di tennis, ma i loro rovesci incrociati ed i loro diritti di top/spin lungo linea non farebbero mai breccia.
Emblematici sono anche due eventi: lo split/non split dei Rhodes Scholars e la cancellazione del match che si sarebbe dovuto tenere a Wrestlemania tra questi ed i Tons of Funk. Il primo, emblematico della teorica volontà di proporre due buoni performer come Rhodes e Sandow come lottatori singoli ma della mancanza più totale di volontà pratica, il secondo invece fortissimo sintomo della pigrizia nel gestire tempi e storyline, in un periodo in cui Raw è così satura di contenuti “vuoti” che anche Smackdown finisce con l’essere il proseguimento inerte di uno show, tutto sommato, stanco.
Un tempo a Smackdown sarebbe stato semplice per Sandow brillare, essere impegnato in mille vignette diverse o angle “sui generis” come quello messo in piedi per poche settimane in cui era alla ricerca di un suo assistente tra il pubblico…oggi invece lo show blu non offre assolutamente nulla che non sia Raw Rebound vero o implicito, match già triti, video/packages di rivalità ed angle già svolti e main event sempre tra i soliti quattro gatti. Lo show blu avrebbe tutte le carte in regola per essere un luogo dove testare e sperimentare, ma l’impressione che traspare è quella di un’indolenza che mi sta rendendo davvero difficile apprezzare il prodotto nel suo complesso, salvo sporadiche eccezioni.
Concludendo, potremmo dire che Damien Sandow è l’uomo giusto al momento sbagliato, perché non c’è qualità inring o al microfono che possa reggersi in piedi da sola. Anche lui è uno di quei personaggi che sono messi li, per vincere un match su cinque e prendersi calcioni ed RKO a piacimento i restanti quattro…almeno con Rhodes, Cesaro e Barrett il buon Damian avrà sicuramente tanti compagni da illuminare.
“You’re welcome!”
FONTE:ZONAWRESTLING.NET