Forse sono l'unico editorialista che ancora non ha parlato di Fandango..sarà stato un bene?Disclaimer: l'editoriale è più Rated-R del solito oggi..
Goldust, Billy e Chuck, Rico, Vito, Orlando Jordan e oggi, Fandango. Cosa accomuna questi personaggi è facile da immaginare. Un bizzarro amante delle piogge dorate tendente alla transessualità. Una finta coppia gay. Uno stilista dagli ambigui gusti erotici.
Goldust, Billy e Chuck, Rico, Vito, Orlando Jordan e oggi, Fandango. Cosa accomuna questi personaggi è facile da immaginare. Un bizzarro amante delle piogge dorate tendente alla transessualità. Una finta coppia gay. Uno stilista dagli ambigui gusti erotici.
Un nerboruto lottatore che la notte ama vestirsi con abiti femminili. Un bisessuale dichiarato con un look androgino. Un ballerino di salsa con atteggiamenti marcatamente effemminati. Insomma, tanto su cui ironizzare, gimmickcreate per strappare una risata, per creare macchiette che facessero sorridere, spinte all'esagerazione.
Io non ho mai amato l'eccessiva esposizione delle preferenze sessuali, il "dichiararsi", farsi avanti ad ogni costo in pubblico. C'è una sfera delicata, spesso combattuta, travagliata, difficile della propria personalità, che emerge dopo anni di riflessione, di autoanalisi, di confronto a volte, quando va bene. Quando va male stai chiuso in te stesso, non hai molte persone attorno con cui parlare, per paura di essere giudicato, di essere etichettato, come lo strano, come l'anormale: il diverso.
E allora arriva un momento in cui questo silenzio, questo tacere e questo ingoiare delle battute superficiali, degli scherzi, degli atteggiamenti mistificanti e stupidi delle persone che ti stanno intorno li percepisci come umilianti, incomprensibili e insopportabili. E allora hai solo voglia di urlare, urlare la tua verità, dire che non sei anormale, che tutto quello che sei, non è altro che essere te stesso. E non c'è spiegazione familiare, di vissuto, genetica, o addirittura di deviazione mentale o sessuale: sei te stesso, sei gay e l'unica cosa che vuoi è che si parli di te con rispetto. Non ho mai considerato l'essere gay come una cosa di cui andare fiero, così come non c'è niente da essere fiero o di cui andare orgoglioso nell'essere etero. Sono stati di natura, entrambi. Ma viviamo purtroppo in una società in cui critichiamo (per finta) ma profondamente e inconsciamente ammiriamo il mito del "maschio", il mito del grande marpione che a ottant'anni fa ancora il bunga bunga con le veline, con chi si vanta di essere "implacabile", per conquistare chissà quali trofei di vanto sessuale con gli amici.
Tra qualche settimana a Palermo, la mia città, ci sarà il Pride nazionale. Non ci sono mai andato negli anni precedenti, perchè non ho mai ritenuto che ci fosse qualcosa da rivendicare, da esporre, da lamentare. Ma non è più così. Guardo la televisione in cui l'essere gay viene rappresentato da Signorini, da Malgioglio, come personaggi su cui ridere, macchiette da circo che vengono confinati a fare gossip, a fare salotto. Quando in tv decidono di far vedere, di invitare qualche ragazzo gay, scelgono (stranamente...) bizzarri personaggi con le sopracciglia spinzettate e le unghie dipinte, non così diversi da Goldust o da Rico. E poi accendo Raw, e trovo Luca Franchini che traduce Fandango come il nuovo personaggio dalla gimmick gay friendly, suggerito dagli ancheggiamenti accentuati e dal pantalone arcobaleno, facendo le solite battutine da taverna. E purtroppo, gli stereotipi continuano, perchè gay è colui che è leggero, fa ridere, fa divertire. Kevin Nash anni fa dichiarava che ha conosciuto tante persone omosessuali nel mondo del wrestling, ma forse l'unico che, tra tante ombre e smentite, lo ha dichiarato apertamente, è stato solo Chris Kanyon. In effetti, chi in un mondo di omoni palestrati che lottano, farebbe parlare pubblicamente di sè facendo coming out? Ogni tanto spunta qualche nome coraggioso nel basket, nel baseball, ma mai nel calcio, ma mai nel wrestling, forse ancora considerati roccaforti del machismo. Per paura che la propria carriera sia definitivamente marchiata, tante persone comuni, normalissime e lontanissime da quello stereotipo, stanno zitte e ingoiano in silenzio la diffusa ironia sull'omosessualità.
Io mi sono stancato. Mi sono stancato di vedere superficialità, idiozia, pregiudizio. E allora anche io da ora diventerò fiero. Fiero di me che mi sono accettato, fiero di voler ancora credere che la gente abbia cervello per comprendere, per capire che non c'è niente da capire. Ci sono varie personalità, varie forme familiari, nessuna meritevole di essere derisa, calpestata, ironizzata. E ora, in una città spesso lasciata a sè stessa come Palermo, piena di problemi, delusioni e crisi, pare esserci un piccolo risveglio. Proprio qui ci sarà questa manifestazione, e improvvisamente mi scopro fiero di essere me, e fiero di vivere a Palermo, città anche questa, imbottigliata nella mente di chi la conosce solo a metà, nel suo stereotipo di lupare e attentati, eppure, grazie la sua storia di colonizzazioni antiche e di immigrati oggi, molto più aperta al diverso di altre realtà ritenute più "evolute".
E'per combattere contro questi pregiudizi che anche nel nostro piccolo bisogna essere eroi. Gli eroi sono quelli che decidono di essere sè stessi, rispettando la libertà altrui. C'è addirittura chi considera eroe qualche vecchio coglione che si suicida in una chiesa, per manifestare il proprio rifiuto verso i matrimoni gay. Nel frattempo c'è chi si sposa (ovviamente in un altro paese), per simboleggiare e testimoniare a tutti, che amore è sempre amore e che unione di persone non guarda al sesso, non guarda al passato, non guarda ai pregiudizi, non guarda all'orgoglio, alle maschere, alle parole non dette, alle "o" cambiate in "a", non guarda i genitori che non ti parlano più, non guarda le stupide battute sul culo, non guarda le banane, i finocchi, i pantaloni di Fandango, non guarda niente. Sarebbe chiudere gli occhi e dire che siamo tutti essere umani, tutti col diritto di essere sè stessi.
Mi si dirà che non sono autoironico. Non è assolutamente vero. Sono solo stanco che ci sia una rappresentazione farlocca e carnevalesca dell'omosessualità, nel wrestling come in ogni tipo di manifestazione o contesto sociale. C'è ancora gente, ragazzi, che si suicidano, ragazzi che vengono massacrati per quello che alcuni paesi considerano ancora un crimine, coppie che non hanno alcun diritto perchè questo paese e i suoi politici di merda devono ancora leccare il culo ad una chiesa cattolica che fraintende verso l'intransigenza il vero messaggio cristiano. Un ragazzo russo è stato stuprato dai suoi "amici" con una bottiglia di vetro il mese scorso. Ditemi ora, cosa c'è da ridere. E se siamo in una società che merita di definirsi "civile".
Tornando alle preoccupazioni per l'"ego" di Fandango, io non mi preoccuperei più di tanto. Johnny Curtis sta facendo esattamente quello che gli è stato chiesto e lo sta facendo benissimo, nonostante la gimmick che gli è stata cucita addosso sia molto "etichettante", "compromettente", "eccessiva". Beh, come diceva qualcuno, niente ha successo quanto l'eccesso, e se Fandango riscuote un successo trasversale, tutto è merito della buona recitazione ed intepretazione dell'atleta che lo impersona, che altrimenti sarebbe finito nel dimenticatoio, oppure, nel peggiore dei casi, ricordato dai fan di wrestling di buona memoria come uno sfigato che snocciolava proverbi versandosi il latte addosso. A me gli eccessi, i travestimenti, le caricature non sono mai piaciute. A volte però diventano un modo per esorcizzare le paure e i pregiudizi di chi ti guarda come un diverso, di chi ti guarda con aria sufficiente e sprezzante, con un giudizio sospeso tra la riprovazione e l'ironico ammiccamento. Una importante teoria sociologica sostiene che etichettare qualcuno secondo un pregiudizio porta quel soggetto ad accentuare le caratteristiche che gli vengono attribuite, come per ribaltare l'identificazione coattiva in uno stereotipo, l'etichetta che si subisce, in una spinta al massimo livello dello stereotipo stesso, che diventa attacco all'ignoranza e al luogo comune. In ogni caso, non è che queste gimmickabbiano mai portato molta fortuna ai wrestler che le hanno intepretate, che sono, quasi sempre, scomparsi e finiti nel dimenticatoio (facendo eccezione per la Mickie che si slinguazzava la Trish: esempio che le finte lesbiche e i finti gay, al contrario di quelli veri, piacciono a tutti). Fandango quindi dovrà presto correggere rotta e mostrarci qualcosa di diverso, se vuole continuare a farci sorridere,con intelligenza.
Forse un pò di colore eccessivo, di recitazione eccessiva, di personaggi eccessivi servono. Li ho sempre ritenuti controproducenti all'immagine dell'omosessualità. Ma a volte è proprio la massima ostentazione della diversità, che dovrebbe indurre tutti coloro che si ritengono "normali" a mettersi in discussione per capire veramente, se si è in grado di accettare davvero qualcuno diverso da sè. Diverso da chi, poi..
Concludo: essere gay nella nostra società è tutt'altro che una barzelletta, altro che lobby. Se ci fosse qualcosa da ridere, credetemi, piacerebbe tanto ridere anche a me. E a chi non sta bene cosa ho scritto oggi, a chi dice solo che siamo dei piagnucoloni, i have more than two words for you: mettetevi nei panni degli altri, prima di fare ironia e non capire il perchè uno si incazza. Ma quelli che mi stanno più sulle palle, sono quelli che fanno le battute e poi ritrattano, pensando che chiedendo scusa possano rientrare subito nel "politically correct". Ce ne sono troppi che fanno dichiarazioni a vanvera, anche nel mondo del wrestling e sapete di chi sto parlando (non per ultimo, lo zio Bret).
In fondo, Fandango chiede solo di essere accettato, vuole che gli altri pronuncino il suo nome correttamente. E quindi..
Io non ho mai amato l'eccessiva esposizione delle preferenze sessuali, il "dichiararsi", farsi avanti ad ogni costo in pubblico. C'è una sfera delicata, spesso combattuta, travagliata, difficile della propria personalità, che emerge dopo anni di riflessione, di autoanalisi, di confronto a volte, quando va bene. Quando va male stai chiuso in te stesso, non hai molte persone attorno con cui parlare, per paura di essere giudicato, di essere etichettato, come lo strano, come l'anormale: il diverso.
E allora arriva un momento in cui questo silenzio, questo tacere e questo ingoiare delle battute superficiali, degli scherzi, degli atteggiamenti mistificanti e stupidi delle persone che ti stanno intorno li percepisci come umilianti, incomprensibili e insopportabili. E allora hai solo voglia di urlare, urlare la tua verità, dire che non sei anormale, che tutto quello che sei, non è altro che essere te stesso. E non c'è spiegazione familiare, di vissuto, genetica, o addirittura di deviazione mentale o sessuale: sei te stesso, sei gay e l'unica cosa che vuoi è che si parli di te con rispetto. Non ho mai considerato l'essere gay come una cosa di cui andare fiero, così come non c'è niente da essere fiero o di cui andare orgoglioso nell'essere etero. Sono stati di natura, entrambi. Ma viviamo purtroppo in una società in cui critichiamo (per finta) ma profondamente e inconsciamente ammiriamo il mito del "maschio", il mito del grande marpione che a ottant'anni fa ancora il bunga bunga con le veline, con chi si vanta di essere "implacabile", per conquistare chissà quali trofei di vanto sessuale con gli amici.
Tra qualche settimana a Palermo, la mia città, ci sarà il Pride nazionale. Non ci sono mai andato negli anni precedenti, perchè non ho mai ritenuto che ci fosse qualcosa da rivendicare, da esporre, da lamentare. Ma non è più così. Guardo la televisione in cui l'essere gay viene rappresentato da Signorini, da Malgioglio, come personaggi su cui ridere, macchiette da circo che vengono confinati a fare gossip, a fare salotto. Quando in tv decidono di far vedere, di invitare qualche ragazzo gay, scelgono (stranamente...) bizzarri personaggi con le sopracciglia spinzettate e le unghie dipinte, non così diversi da Goldust o da Rico. E poi accendo Raw, e trovo Luca Franchini che traduce Fandango come il nuovo personaggio dalla gimmick gay friendly, suggerito dagli ancheggiamenti accentuati e dal pantalone arcobaleno, facendo le solite battutine da taverna. E purtroppo, gli stereotipi continuano, perchè gay è colui che è leggero, fa ridere, fa divertire. Kevin Nash anni fa dichiarava che ha conosciuto tante persone omosessuali nel mondo del wrestling, ma forse l'unico che, tra tante ombre e smentite, lo ha dichiarato apertamente, è stato solo Chris Kanyon. In effetti, chi in un mondo di omoni palestrati che lottano, farebbe parlare pubblicamente di sè facendo coming out? Ogni tanto spunta qualche nome coraggioso nel basket, nel baseball, ma mai nel calcio, ma mai nel wrestling, forse ancora considerati roccaforti del machismo. Per paura che la propria carriera sia definitivamente marchiata, tante persone comuni, normalissime e lontanissime da quello stereotipo, stanno zitte e ingoiano in silenzio la diffusa ironia sull'omosessualità.
Io mi sono stancato. Mi sono stancato di vedere superficialità, idiozia, pregiudizio. E allora anche io da ora diventerò fiero. Fiero di me che mi sono accettato, fiero di voler ancora credere che la gente abbia cervello per comprendere, per capire che non c'è niente da capire. Ci sono varie personalità, varie forme familiari, nessuna meritevole di essere derisa, calpestata, ironizzata. E ora, in una città spesso lasciata a sè stessa come Palermo, piena di problemi, delusioni e crisi, pare esserci un piccolo risveglio. Proprio qui ci sarà questa manifestazione, e improvvisamente mi scopro fiero di essere me, e fiero di vivere a Palermo, città anche questa, imbottigliata nella mente di chi la conosce solo a metà, nel suo stereotipo di lupare e attentati, eppure, grazie la sua storia di colonizzazioni antiche e di immigrati oggi, molto più aperta al diverso di altre realtà ritenute più "evolute".
E'per combattere contro questi pregiudizi che anche nel nostro piccolo bisogna essere eroi. Gli eroi sono quelli che decidono di essere sè stessi, rispettando la libertà altrui. C'è addirittura chi considera eroe qualche vecchio coglione che si suicida in una chiesa, per manifestare il proprio rifiuto verso i matrimoni gay. Nel frattempo c'è chi si sposa (ovviamente in un altro paese), per simboleggiare e testimoniare a tutti, che amore è sempre amore e che unione di persone non guarda al sesso, non guarda al passato, non guarda ai pregiudizi, non guarda all'orgoglio, alle maschere, alle parole non dette, alle "o" cambiate in "a", non guarda i genitori che non ti parlano più, non guarda le stupide battute sul culo, non guarda le banane, i finocchi, i pantaloni di Fandango, non guarda niente. Sarebbe chiudere gli occhi e dire che siamo tutti essere umani, tutti col diritto di essere sè stessi.
Mi si dirà che non sono autoironico. Non è assolutamente vero. Sono solo stanco che ci sia una rappresentazione farlocca e carnevalesca dell'omosessualità, nel wrestling come in ogni tipo di manifestazione o contesto sociale. C'è ancora gente, ragazzi, che si suicidano, ragazzi che vengono massacrati per quello che alcuni paesi considerano ancora un crimine, coppie che non hanno alcun diritto perchè questo paese e i suoi politici di merda devono ancora leccare il culo ad una chiesa cattolica che fraintende verso l'intransigenza il vero messaggio cristiano. Un ragazzo russo è stato stuprato dai suoi "amici" con una bottiglia di vetro il mese scorso. Ditemi ora, cosa c'è da ridere. E se siamo in una società che merita di definirsi "civile".
Tornando alle preoccupazioni per l'"ego" di Fandango, io non mi preoccuperei più di tanto. Johnny Curtis sta facendo esattamente quello che gli è stato chiesto e lo sta facendo benissimo, nonostante la gimmick che gli è stata cucita addosso sia molto "etichettante", "compromettente", "eccessiva". Beh, come diceva qualcuno, niente ha successo quanto l'eccesso, e se Fandango riscuote un successo trasversale, tutto è merito della buona recitazione ed intepretazione dell'atleta che lo impersona, che altrimenti sarebbe finito nel dimenticatoio, oppure, nel peggiore dei casi, ricordato dai fan di wrestling di buona memoria come uno sfigato che snocciolava proverbi versandosi il latte addosso. A me gli eccessi, i travestimenti, le caricature non sono mai piaciute. A volte però diventano un modo per esorcizzare le paure e i pregiudizi di chi ti guarda come un diverso, di chi ti guarda con aria sufficiente e sprezzante, con un giudizio sospeso tra la riprovazione e l'ironico ammiccamento. Una importante teoria sociologica sostiene che etichettare qualcuno secondo un pregiudizio porta quel soggetto ad accentuare le caratteristiche che gli vengono attribuite, come per ribaltare l'identificazione coattiva in uno stereotipo, l'etichetta che si subisce, in una spinta al massimo livello dello stereotipo stesso, che diventa attacco all'ignoranza e al luogo comune. In ogni caso, non è che queste gimmickabbiano mai portato molta fortuna ai wrestler che le hanno intepretate, che sono, quasi sempre, scomparsi e finiti nel dimenticatoio (facendo eccezione per la Mickie che si slinguazzava la Trish: esempio che le finte lesbiche e i finti gay, al contrario di quelli veri, piacciono a tutti). Fandango quindi dovrà presto correggere rotta e mostrarci qualcosa di diverso, se vuole continuare a farci sorridere,con intelligenza.
Forse un pò di colore eccessivo, di recitazione eccessiva, di personaggi eccessivi servono. Li ho sempre ritenuti controproducenti all'immagine dell'omosessualità. Ma a volte è proprio la massima ostentazione della diversità, che dovrebbe indurre tutti coloro che si ritengono "normali" a mettersi in discussione per capire veramente, se si è in grado di accettare davvero qualcuno diverso da sè. Diverso da chi, poi..
Concludo: essere gay nella nostra società è tutt'altro che una barzelletta, altro che lobby. Se ci fosse qualcosa da ridere, credetemi, piacerebbe tanto ridere anche a me. E a chi non sta bene cosa ho scritto oggi, a chi dice solo che siamo dei piagnucoloni, i have more than two words for you: mettetevi nei panni degli altri, prima di fare ironia e non capire il perchè uno si incazza. Ma quelli che mi stanno più sulle palle, sono quelli che fanno le battute e poi ritrattano, pensando che chiedendo scusa possano rientrare subito nel "politically correct". Ce ne sono troppi che fanno dichiarazioni a vanvera, anche nel mondo del wrestling e sapete di chi sto parlando (non per ultimo, lo zio Bret).
In fondo, Fandango chiede solo di essere accettato, vuole che gli altri pronuncino il suo nome correttamente. E quindi..
FONTE:ZONAWRESTLING.NET