KingHunter7 analizza questa edizione di Wrestlemania e ci da i suoi voti che come sempre scateneranno discussioni:
Randy Orton, Sheamus & Big Show Vs. The Shield (Dean Ambrose, Seth Rollins, Roman Reigns): 6.5
Tre individualità contro una squadra. Questa la morale del match e della storyline che permette di fare un ulteriore passo in avanti ai miei pupilli. Perché Ambrose, Rollins e Reigns sono sempre più impressionanti. Hanno tutto per funzionare: da face, da heel, da tag team, da trio, da singoli. I primi due sono incredibili al microfono, Reigns ha il fisico giusto. E sul ring sono molto più avanti di diversi main eventer o presunti tali. Più complicata la situazione di Orton, Sheamus e Big Show. Tanta confusione intorno a loro da parte dei bookers che avevano anche commesso l’eresia di annunciare Ryback nella formazione titolare (ipotizzando un suo turn quindi, poi evidentemente rimandato): per uno Sheamus che si tiene a galla – ricordiamo che da campione era perennemente fischiato -, c’è un Orton che affoga nel fiume Acheronte, aspettando di capire se questo depush è solo una fase o una scelta definitiva. E c’è un gigante che turna 3 volte in un anno. Programmazione zero.
Winner: The Shield
Ryback Vs. Mark Henry: 5.5
Mi aspettavo anche peggio. Ryback e Henry in due non fanno un briciolo di talento ma hanno saputo usare l’intensità per mettere in secondo piano la totale assenza di una combinazione tecnica. L’unica arriva dopo 8’ ed è la sequenza finale, piuttosto incomprensibile. Henry si tiene alle corde, Ryback perde l’equilibrio e viene steso dal peso dello WSM. Una mezza chiavica no?
Winner: Mark Henry
WWE Tag Team Championship – Team Hell No (Kane & Daniel Bryan) Vs. Dolph Ziggler & Big E. Langston: 6
Poco tempo a disposizione e nessun sussulto. La coppia non scoppia e non c’è nemmeno il cambio di titolo. Un incontro messo su per continuare la maledizione di Aj a Wrestlemania (un giorno ci sarà il suo riscatto) e per pagare il gettone a Kane e Danielson, il cui viaggio insieme è ormai finito ma che meritavano una bella gratificazione dopo aver tirato la carretta per 8 mesi.
Winner and STILL WWE Tag Team Champions: Team Hell No
Chris Jericho Vs. Fandango: 6
Ok, vero che Jericho è un superprofessionista che adora jobbare quasi in maniera malata. Ma non mi pare che il gioco valga la candela con Fandango. Non era forse meglio tirare dritto con il feud mai finito contro Ziggler per dare l’ultima spinta al fidanzato di Aj nella caccia al titolo? Storyline già scritta ma accantonata per dare spazio all’ennesimo ballerino che tra 8 mesi jobberà a sua volta a qualcuno uscito da Nxt. Perché qualcuno crede davvero che Fandango possa fare una carriera migliore a quella riservata finora a Cody Rhodes? E Cesaro fa la muffa nel backstage…
Winner: Fandango
World Heavyweight Championship – Alberto Del Rio Vs. Jack Swagger: 5
Il wrestling è uno sport evidentemente razzista. Le persone di colore faticano ad arrivare al top, Del Rio c’è senza motivi apparenti se non per la propria latinità. L’ho già scritto diverse volte ma voglio ripetermi, il messicano viene recepito come un usurpatore, una superstar che occupa uno spot che non gli spetta. Soprattutto da face e soprattutto di fronte ad un heel che nella sua carriera ha dimostrato poco o nulla, di essere più noto per affari di cronaca che per i progressi visti sul ring. Questo Swagger infatti è lo stesso che c’era in Ecw, meno monotono solo per la presenza di un manager e non per una mic skill migliorata. E questo Del Rio non è un main eventer, tanto meno un campione del mondo e tanto meno un campione del mondo che deve difendere il titolo a Wrestlemania. E il pubblico, soprattutto quello dell’Est, non è stupido e non mangia la foglia: inizia ad invocare altri nomi, da Ziggler a Ryder. La più grande umiliazione che un wrestler può ricevere…
Winner and STILL World Heavyweight Champion: Alberto Del Rio
The Undertaker Vs. CM Punk: 9
La sola cosa che è mancata era la imprevedibilità del risultato. Perché sfido chiunque a pensare che Undertaker possa concedere il “sacro job” – quello che vale la fine della carriera e del suo record inattaccabile – a chi non è il volto della compagnia. Quindi Johnny Boy se mi stai leggendo pensa che tra 12 mesi a New Orleans si potrebbe pensare di diventare lo Zeus del wrestling… CM Punk era stato bocciato per il suo programma con The Rock, ma si è ampiamente rifatto nei 22’ perfetti di Wrestlemania (non fosse per il maledetto tavolo che non si rompe quando deve, è la terza volta che gli capita in PPV consecutivi) permettendo ad un avversario fisicamente logoro, sfinito, di sembrare ancora quello di 10 anni fa. Questo è stato il grande capolavoro della Chicago Made. Tecnicamente questo è il secondo match più bello della carriera di Taker a WM (penso che il primo contro HBK sia inavvicinabile e irripetibile): i due scontri con HHH delle scorse edizioni non sono nemmeno paragonabili (spulciando in archivio avevo dato loro due volte 7,5). C’è tutto: la clamorosa partecipazione del pubblico newyorkese – diciamocelo, erano lì solo per questo incontro -, un climax senza strappi e una sequenza finale notevole. Da lacrime anche il post match: Undertaker che riprende possesso della sua urna, omaggio all’amico Paul che tanto gli manca, e un occhio che diventa lucido sul ring senza possibilità di farci niente. Il personaggio senza anima ha lasciato spazio per una volta all’uomo. Un'immagine che ha reso tutto ancora più vero e quindi più epico.
Winner: The Undertaker
No Hold Barred Match – Triple H Vs. Brock Lesnar: 7
Chiamatelo jobber. Pagato cifre astronomiche(si dice anche 5 milioni) e con tutti i benefici del mondo (calendario ultra-leggero, possibilità di fare pubblicità ai suoi ricchi sponsor durante i match, etc etc), ma di jobber di extra-lusso si tratta. Paragone secco: avere Iniesta in rosa e tenerlo in panchina per preferirgli Simone Barone. Brock Lesnar nel giro di un anno ha perso con tutti i wrestler che ha incrociato: con Cena ad Extreme Rules nell’occasione del suo ritorno e poi con Triple H nel Grandaddy of Them All. In mezzo qualche sporadica affermazione tra braccia rotte e settimane di assoluto silenzio. Premessa doverosa: vedere un suo match è spettacolo puro, si parla del vero ‘Total Package’. Per la cattiveria che ci mette, per la sua assoluta non curanza del dolore che rende così credibili i suoi incontri e per una tecnica insensata per un armadio a tre ante: trovatemi un altro della sua stazza che esegue così facilmente un moveset di belly to belly e altri tipi di suplex… Ma ha senso pagarlo così tanto per fargli fare 3 match in 11 mesi, facendogliene perdere 2? - Grazie al cielo non sono il contabile di Stamford… - Questo è il solo quesito nel ritorno di Brock. A furia di (non) vederlo con il contagocce le arene lo aspettano ma non lo acclamano e il silenzio per certi versi imbarazzante durante diversi tratti del match di domenica ne è stata la riprova. Per il futuro l’augurio è che the Next Big Thing e Vince trovino un accordo per farlo rendere più presente negli show e in PPV. Il match? Buono. Con poche sbavature (eccetto un Pedigree su cui Lesnar si piega con colpevole anticipo, costringendo Hunter a dover ripetere la mossa) e un filo di conduzione brillante da parte di un maestro della psicologia come il Triplo. Il cattivo è più forte, ma la sete di vendetta del face gli permette di resistere ad ogni devastante attacco: HHH era il netto favorito, non fosse altro per la stipulazione, ma in alcuni frangenti si ha avuto la sensazione che la sua carriera potesse davvero finite. Cosa che, ad esempio, non è mai avvenuta nei match di Taker e Cena. Il solo difetto strutturale è proprio nel costrutto latino: Triple H da face rende poco storicamente, ancora meno se visto anche lui una volta ogni 3 mesi. La stessa storia alle spalle ha convinto poco con Hunter nella solita gimmick stucchevole del vendicatore dei McMahon (già vista con Orton): non aveva funzionato allora, come si poteva pensare che potesse funzionare adesso. A salvare capra e cavoli ci pensa la qualità dei due che sul ring sono garanzie. Dalla martellata di Triple H in poi il match è di fatto a senso unico ma il pubblico si incendia perché non capisce come HHH possa far cedere un Brock che sembra fatto di acciaio (e usa l’acciaio dei gradoni per resistere alla Kimura). Sottiliezze. Che nel wrestling fanno da sempre la differenza tra la mediocrità, la sufficienza e i match che passano alla storia. Questo non lo farà ma come spalla del main-event è stato uno spettacolo più che degno.
Winner: Triple H
WWE Championship – John Cena Vs. The Rock: 6.5
Il cerchio della vita si chiude dopo due anni. Ecco, avete presente il Re Leone, quando Simba viene presentato da Rafiki e Mufasa a quello che diventerà il suo popolo che si inchina di fronte al prossimo re della giungla? Abbiamo appena assistito alla medesima scena in casa WWE, ma senza zebre, mamachi ed elefanti. Lo si sapeva, era scritto da chissà quanto, ed ora è stato anche messo in pratica: Johnny Boy a 36 anni raggiunge una fetta di cielo dove pochissimi prima di lui hanno fatto capolino. Forse solo Bruno Sammartino, Hulk Hogan e Steve Austin nella storia. Ha battuto tutti i wrestler della sua generazione, da Orton a Punk, e ora può fregiarsi di aver battuto anche Rocky che per qualche secchiata da dindini verdi, per recuperare la fan base del wrestling e per senso di gratitudine verso Vince si è prestato a jobbare nell’occasione più importante. Inutile spiegarlo. Tra 10 anni tutti si ricorderanno di quando Cena ha strappato la cintura dalle mani di The Rock e non di quando il People’s Champion lo ha atterrato con una Rock Bottom a Survivor Series e sorpreso a Wrestlemania 28. E’ l’ennesima consacrazione per Cena a cui mancherebbe forse solo impallinare Austin (che però non vuole sentire parlare di questo match nemmeno per svariate tonnellate di dollari, se deve tornare sul ring vuole solo Punk) e Taker per diventare il più grande. Quello che nel curriculum può vantare più vittime. Sulla carta. Perché a differenza di Austin e delle altre grandi leggende del business, ad esempio, ha una schiera di detrattori lunga quanto il Mississipi. Ma a Vince interessa solo convincere i mark della onnipotenza del supereroe dei tempi nostri per vendere magliette, polsini e cappelli come se non ci fosse un domani. Così funziona il business. Questo è il corollario che affianca il match, un match lottato al rallentatore per venire incontro alle esigenze di un attore che a furia di mettere su massa ha finito per aver pregiudicato pesantemente la sua capacità anaerobica di reggere gli sforzi: l’immagine di Rocky sudato come un tacchino in forno a metà match, quando i giochi erano ancora tutti da fare, in tanti la porteranno nella mente a lungo. Anche perché, a meno di miracoli, siamo davanti all’ultimo match di Rocky: per sempre. Il suo compito l’ha fatto. Con professionalità. Vince gli ha chiesto di rendere Cena una leggenda vera, senza possibilità di alcuna replica, di mettere in luce la superiorità del bostoniano a Punk (i due match di WM sono nettamente migliori di quelli con lo Straight Edge e, complottisticamente, non penso sia un caso fortuito), e di dare nuova linfa pubblicitaria all’azienda. E Rocky ha fatto tutto perfettamente, in maniera scientifica. Il wrestling che piace a tanti, me compreso, è un’altra cosa, ma il business, e noi dovremmo farlo allo stesso modo, lo ringrazia. Che piaccia o no.
Winner and NEW WWE Champion: John Cena
PPV: 7
La comparazione dovuta è quella con la passata edizione. E siamo lì su aspetti diversi. La qualità di questi match è stata superiore, trascinata da Punk/Taker, ma lo show è scivolato via senza una sorpresa che fosse una. Doveva vincere Cena, doveva vincere HHH, doveva vincere Taker. E così è andata. Doveva vincere Del Rio per fare esultare gli ispanici, doveva vincere lo Shield per il turn di qualcuno. E Ziggler non ha incassato quella valigetta che ormai è divenuta un fardello ingombrante e senza sbocchi assennati mentre Orton non è passato al lato oscuro. Fosse stato uno degli altri ppv si starebbe parlando di uno spettacolo da ricordare: starpower, card imponente e incontri eccellenti. Ma siamo a Wrestlemania e la normalità non basta. Ci si aspetta sempre quel benedetto highlight da portare con sé per un anno intero o quel momento che ribalta ogni pronostico. Lo abbiamo aspettato 4 ore e non è arrivato: c’è stata la commozione per rivedere Trish con la pancia rotonda per la gravidanza – è proprio vero, una donna incinta ha un’aura speciale -, di sentire l’acclamazione per il nostro orgoglio Sammartino (sentito solo qualche giorno prima) e vedere la gioia di Foley per essere arrivato dove forse nemmeno lui avrebbe creduto 20 anni fa. Ma non c’è stato quel brivido che ti corre lungo la schiena...
Impossibile bocciare un evento così strutturato e ben lottato, ma lo si può promuovere con riserva. Siamo perfezionisti ed incontentabili, lo sappiamo. Ma con cotanto materiale a disposizione bisogna sempre pensare di riscrivere la storia, non di adagiarvisi sopra.
Tre individualità contro una squadra. Questa la morale del match e della storyline che permette di fare un ulteriore passo in avanti ai miei pupilli. Perché Ambrose, Rollins e Reigns sono sempre più impressionanti. Hanno tutto per funzionare: da face, da heel, da tag team, da trio, da singoli. I primi due sono incredibili al microfono, Reigns ha il fisico giusto. E sul ring sono molto più avanti di diversi main eventer o presunti tali. Più complicata la situazione di Orton, Sheamus e Big Show. Tanta confusione intorno a loro da parte dei bookers che avevano anche commesso l’eresia di annunciare Ryback nella formazione titolare (ipotizzando un suo turn quindi, poi evidentemente rimandato): per uno Sheamus che si tiene a galla – ricordiamo che da campione era perennemente fischiato -, c’è un Orton che affoga nel fiume Acheronte, aspettando di capire se questo depush è solo una fase o una scelta definitiva. E c’è un gigante che turna 3 volte in un anno. Programmazione zero.
Winner: The Shield
Ryback Vs. Mark Henry: 5.5
Mi aspettavo anche peggio. Ryback e Henry in due non fanno un briciolo di talento ma hanno saputo usare l’intensità per mettere in secondo piano la totale assenza di una combinazione tecnica. L’unica arriva dopo 8’ ed è la sequenza finale, piuttosto incomprensibile. Henry si tiene alle corde, Ryback perde l’equilibrio e viene steso dal peso dello WSM. Una mezza chiavica no?
Winner: Mark Henry
WWE Tag Team Championship – Team Hell No (Kane & Daniel Bryan) Vs. Dolph Ziggler & Big E. Langston: 6
Poco tempo a disposizione e nessun sussulto. La coppia non scoppia e non c’è nemmeno il cambio di titolo. Un incontro messo su per continuare la maledizione di Aj a Wrestlemania (un giorno ci sarà il suo riscatto) e per pagare il gettone a Kane e Danielson, il cui viaggio insieme è ormai finito ma che meritavano una bella gratificazione dopo aver tirato la carretta per 8 mesi.
Winner and STILL WWE Tag Team Champions: Team Hell No
Chris Jericho Vs. Fandango: 6
Ok, vero che Jericho è un superprofessionista che adora jobbare quasi in maniera malata. Ma non mi pare che il gioco valga la candela con Fandango. Non era forse meglio tirare dritto con il feud mai finito contro Ziggler per dare l’ultima spinta al fidanzato di Aj nella caccia al titolo? Storyline già scritta ma accantonata per dare spazio all’ennesimo ballerino che tra 8 mesi jobberà a sua volta a qualcuno uscito da Nxt. Perché qualcuno crede davvero che Fandango possa fare una carriera migliore a quella riservata finora a Cody Rhodes? E Cesaro fa la muffa nel backstage…
Winner: Fandango
World Heavyweight Championship – Alberto Del Rio Vs. Jack Swagger: 5
Il wrestling è uno sport evidentemente razzista. Le persone di colore faticano ad arrivare al top, Del Rio c’è senza motivi apparenti se non per la propria latinità. L’ho già scritto diverse volte ma voglio ripetermi, il messicano viene recepito come un usurpatore, una superstar che occupa uno spot che non gli spetta. Soprattutto da face e soprattutto di fronte ad un heel che nella sua carriera ha dimostrato poco o nulla, di essere più noto per affari di cronaca che per i progressi visti sul ring. Questo Swagger infatti è lo stesso che c’era in Ecw, meno monotono solo per la presenza di un manager e non per una mic skill migliorata. E questo Del Rio non è un main eventer, tanto meno un campione del mondo e tanto meno un campione del mondo che deve difendere il titolo a Wrestlemania. E il pubblico, soprattutto quello dell’Est, non è stupido e non mangia la foglia: inizia ad invocare altri nomi, da Ziggler a Ryder. La più grande umiliazione che un wrestler può ricevere…
Winner and STILL World Heavyweight Champion: Alberto Del Rio
The Undertaker Vs. CM Punk: 9
La sola cosa che è mancata era la imprevedibilità del risultato. Perché sfido chiunque a pensare che Undertaker possa concedere il “sacro job” – quello che vale la fine della carriera e del suo record inattaccabile – a chi non è il volto della compagnia. Quindi Johnny Boy se mi stai leggendo pensa che tra 12 mesi a New Orleans si potrebbe pensare di diventare lo Zeus del wrestling… CM Punk era stato bocciato per il suo programma con The Rock, ma si è ampiamente rifatto nei 22’ perfetti di Wrestlemania (non fosse per il maledetto tavolo che non si rompe quando deve, è la terza volta che gli capita in PPV consecutivi) permettendo ad un avversario fisicamente logoro, sfinito, di sembrare ancora quello di 10 anni fa. Questo è stato il grande capolavoro della Chicago Made. Tecnicamente questo è il secondo match più bello della carriera di Taker a WM (penso che il primo contro HBK sia inavvicinabile e irripetibile): i due scontri con HHH delle scorse edizioni non sono nemmeno paragonabili (spulciando in archivio avevo dato loro due volte 7,5). C’è tutto: la clamorosa partecipazione del pubblico newyorkese – diciamocelo, erano lì solo per questo incontro -, un climax senza strappi e una sequenza finale notevole. Da lacrime anche il post match: Undertaker che riprende possesso della sua urna, omaggio all’amico Paul che tanto gli manca, e un occhio che diventa lucido sul ring senza possibilità di farci niente. Il personaggio senza anima ha lasciato spazio per una volta all’uomo. Un'immagine che ha reso tutto ancora più vero e quindi più epico.
Winner: The Undertaker
No Hold Barred Match – Triple H Vs. Brock Lesnar: 7
Chiamatelo jobber. Pagato cifre astronomiche(si dice anche 5 milioni) e con tutti i benefici del mondo (calendario ultra-leggero, possibilità di fare pubblicità ai suoi ricchi sponsor durante i match, etc etc), ma di jobber di extra-lusso si tratta. Paragone secco: avere Iniesta in rosa e tenerlo in panchina per preferirgli Simone Barone. Brock Lesnar nel giro di un anno ha perso con tutti i wrestler che ha incrociato: con Cena ad Extreme Rules nell’occasione del suo ritorno e poi con Triple H nel Grandaddy of Them All. In mezzo qualche sporadica affermazione tra braccia rotte e settimane di assoluto silenzio. Premessa doverosa: vedere un suo match è spettacolo puro, si parla del vero ‘Total Package’. Per la cattiveria che ci mette, per la sua assoluta non curanza del dolore che rende così credibili i suoi incontri e per una tecnica insensata per un armadio a tre ante: trovatemi un altro della sua stazza che esegue così facilmente un moveset di belly to belly e altri tipi di suplex… Ma ha senso pagarlo così tanto per fargli fare 3 match in 11 mesi, facendogliene perdere 2? - Grazie al cielo non sono il contabile di Stamford… - Questo è il solo quesito nel ritorno di Brock. A furia di (non) vederlo con il contagocce le arene lo aspettano ma non lo acclamano e il silenzio per certi versi imbarazzante durante diversi tratti del match di domenica ne è stata la riprova. Per il futuro l’augurio è che the Next Big Thing e Vince trovino un accordo per farlo rendere più presente negli show e in PPV. Il match? Buono. Con poche sbavature (eccetto un Pedigree su cui Lesnar si piega con colpevole anticipo, costringendo Hunter a dover ripetere la mossa) e un filo di conduzione brillante da parte di un maestro della psicologia come il Triplo. Il cattivo è più forte, ma la sete di vendetta del face gli permette di resistere ad ogni devastante attacco: HHH era il netto favorito, non fosse altro per la stipulazione, ma in alcuni frangenti si ha avuto la sensazione che la sua carriera potesse davvero finite. Cosa che, ad esempio, non è mai avvenuta nei match di Taker e Cena. Il solo difetto strutturale è proprio nel costrutto latino: Triple H da face rende poco storicamente, ancora meno se visto anche lui una volta ogni 3 mesi. La stessa storia alle spalle ha convinto poco con Hunter nella solita gimmick stucchevole del vendicatore dei McMahon (già vista con Orton): non aveva funzionato allora, come si poteva pensare che potesse funzionare adesso. A salvare capra e cavoli ci pensa la qualità dei due che sul ring sono garanzie. Dalla martellata di Triple H in poi il match è di fatto a senso unico ma il pubblico si incendia perché non capisce come HHH possa far cedere un Brock che sembra fatto di acciaio (e usa l’acciaio dei gradoni per resistere alla Kimura). Sottiliezze. Che nel wrestling fanno da sempre la differenza tra la mediocrità, la sufficienza e i match che passano alla storia. Questo non lo farà ma come spalla del main-event è stato uno spettacolo più che degno.
Winner: Triple H
WWE Championship – John Cena Vs. The Rock: 6.5
Il cerchio della vita si chiude dopo due anni. Ecco, avete presente il Re Leone, quando Simba viene presentato da Rafiki e Mufasa a quello che diventerà il suo popolo che si inchina di fronte al prossimo re della giungla? Abbiamo appena assistito alla medesima scena in casa WWE, ma senza zebre, mamachi ed elefanti. Lo si sapeva, era scritto da chissà quanto, ed ora è stato anche messo in pratica: Johnny Boy a 36 anni raggiunge una fetta di cielo dove pochissimi prima di lui hanno fatto capolino. Forse solo Bruno Sammartino, Hulk Hogan e Steve Austin nella storia. Ha battuto tutti i wrestler della sua generazione, da Orton a Punk, e ora può fregiarsi di aver battuto anche Rocky che per qualche secchiata da dindini verdi, per recuperare la fan base del wrestling e per senso di gratitudine verso Vince si è prestato a jobbare nell’occasione più importante. Inutile spiegarlo. Tra 10 anni tutti si ricorderanno di quando Cena ha strappato la cintura dalle mani di The Rock e non di quando il People’s Champion lo ha atterrato con una Rock Bottom a Survivor Series e sorpreso a Wrestlemania 28. E’ l’ennesima consacrazione per Cena a cui mancherebbe forse solo impallinare Austin (che però non vuole sentire parlare di questo match nemmeno per svariate tonnellate di dollari, se deve tornare sul ring vuole solo Punk) e Taker per diventare il più grande. Quello che nel curriculum può vantare più vittime. Sulla carta. Perché a differenza di Austin e delle altre grandi leggende del business, ad esempio, ha una schiera di detrattori lunga quanto il Mississipi. Ma a Vince interessa solo convincere i mark della onnipotenza del supereroe dei tempi nostri per vendere magliette, polsini e cappelli come se non ci fosse un domani. Così funziona il business. Questo è il corollario che affianca il match, un match lottato al rallentatore per venire incontro alle esigenze di un attore che a furia di mettere su massa ha finito per aver pregiudicato pesantemente la sua capacità anaerobica di reggere gli sforzi: l’immagine di Rocky sudato come un tacchino in forno a metà match, quando i giochi erano ancora tutti da fare, in tanti la porteranno nella mente a lungo. Anche perché, a meno di miracoli, siamo davanti all’ultimo match di Rocky: per sempre. Il suo compito l’ha fatto. Con professionalità. Vince gli ha chiesto di rendere Cena una leggenda vera, senza possibilità di alcuna replica, di mettere in luce la superiorità del bostoniano a Punk (i due match di WM sono nettamente migliori di quelli con lo Straight Edge e, complottisticamente, non penso sia un caso fortuito), e di dare nuova linfa pubblicitaria all’azienda. E Rocky ha fatto tutto perfettamente, in maniera scientifica. Il wrestling che piace a tanti, me compreso, è un’altra cosa, ma il business, e noi dovremmo farlo allo stesso modo, lo ringrazia. Che piaccia o no.
Winner and NEW WWE Champion: John Cena
PPV: 7
La comparazione dovuta è quella con la passata edizione. E siamo lì su aspetti diversi. La qualità di questi match è stata superiore, trascinata da Punk/Taker, ma lo show è scivolato via senza una sorpresa che fosse una. Doveva vincere Cena, doveva vincere HHH, doveva vincere Taker. E così è andata. Doveva vincere Del Rio per fare esultare gli ispanici, doveva vincere lo Shield per il turn di qualcuno. E Ziggler non ha incassato quella valigetta che ormai è divenuta un fardello ingombrante e senza sbocchi assennati mentre Orton non è passato al lato oscuro. Fosse stato uno degli altri ppv si starebbe parlando di uno spettacolo da ricordare: starpower, card imponente e incontri eccellenti. Ma siamo a Wrestlemania e la normalità non basta. Ci si aspetta sempre quel benedetto highlight da portare con sé per un anno intero o quel momento che ribalta ogni pronostico. Lo abbiamo aspettato 4 ore e non è arrivato: c’è stata la commozione per rivedere Trish con la pancia rotonda per la gravidanza – è proprio vero, una donna incinta ha un’aura speciale -, di sentire l’acclamazione per il nostro orgoglio Sammartino (sentito solo qualche giorno prima) e vedere la gioia di Foley per essere arrivato dove forse nemmeno lui avrebbe creduto 20 anni fa. Ma non c’è stato quel brivido che ti corre lungo la schiena...
Impossibile bocciare un evento così strutturato e ben lottato, ma lo si può promuovere con riserva. Siamo perfezionisti ed incontentabili, lo sappiamo. Ma con cotanto materiale a disposizione bisogna sempre pensare di riscrivere la storia, non di adagiarvisi sopra.
FONTE:ZONAWRESTLING.NET