Perchè i "cattivi" piacciono più dei "buoni"? RatedRFrà prova a rispondere a questo interrogativo primordiale..
Qualche giorno fa assistevo alla notizia della morte di un controverso politico nonagenario e alla folta schiera di programmi tv che lo commemorava. E mi chiedevo: qual'è il fascino del male?
Qualche giorno fa assistevo alla notizia della morte di un controverso politico nonagenario e alla folta schiera di programmi tv che lo commemorava. E mi chiedevo: qual'è il fascino del male?
In realtà quest'evento è stato la goccia, l'episodio scatenante di una riflessione che serpeggiava già da tempo dentro di me, in base a quello che scrivo, e leggo, su questo sito. Considerazioni come "Orton è un heel naturale", "Sheamus era meglio da heel", "che palle questo Alberto campione della gente" sono all'ordine del giorno, e non è casuale che anche io ho sempre tifato per gli heel, che fossero Booker T, Edge, CM Punk, Lesnar e così continuando. Già in passato ho intravisto una delle cause di questa innata preferenza di fondo nella piattezza dei face, costruiti dal 2005 a tutt'oggi a mò di biscotti fatti con lo stampino di John Cena. Ma la "colpa" non può essere solo dei face, quindi mi sono scervellato per capire perchè mi piacciono i cattivi.
Allora, partiamo da una considerazione di base. Ci sono due tipi di cattivi, quindi di male: un male violento, carismatico, palese, eccessivo, crudo e forte, che ne so, un Legend Killer, un Cerebral Assassin, un Ass-Kicker, questa roba insomma; e poi abbiamo un male subdolo, nascosto, che usa dei sicari, che tira le redini dei propri loschi piani nell'oscurità, meschino ma non per questo meno pericoloso, quasi divertente nella sua capacità di trovarsi una strada nella disonestà; che so, un JBL oppure, per fare qualche esempio, il caro vecchio John Laurinatis, a volte anche Edge, un Ric Flair, un Million Dollar Man.
Il primo tipo di male in effetti affascina non poche persone. Il wrestling in effetti, soprattutto quando esisteva la c.d."ruthless aggression", aveva un valore catartico, liberatorio. Insomma vedere degli stuntmen che si picchiano selvaggiamente per il nostro puro diletto ci permetteva di liberare le nostre ansie e passioni più recondite, sublimando nella visione dello spettacolo il desiderio inattuato di, che so, mandare a fanculo il nostro capo piuttosto che la gente che ci rompe le palle ogni giorno. In una società primordiale, in effetti, questo male fisico, brutale, detta le regole. E'la legge del più forte, la legge della giungla, come la chiama Ryback. Ingiusta ma naturale, chiara. Semplice, elementare nella sua atrocità. Per fortuna (o purtroppo?) non ci sono più i cattivi di una volta. Ryback, lo stesso "grande affamato" che predica che i pesci grandi mangiano i pesci piccoli, è passato alla schiera della seconda categoria di malvagi: la gente che si lamenta ma a cui va bene lo status quo; la gente che si sottrae quando le situazioni non sono più convenienti; chi è cattivo non per indole ma per pusillanimità, per incapacità di scelta e volontà di rendere la propria presenza nella società qualcosa di positivo e di costruttivo. La nostra evoluzione sociale ci ha insegnato un modo di essere cattivi e malvagi più elaborato, più cervellotico e furbo, che risparmia più il fisico ma distrugge valori, modi di vivere, senso di giustizia. Oggi vige la legge del più stronzo.
L'ultima volta che ho visto qualcosa di veramente cattivo (ora qualcuno penserà, e te pareva) è stato quando Paul Heyman ha imitato l'infarto di Jerry Lawler. Sì, disgustosamente sporco, cattivo, di pessimo gusto, politically uncorrect. Era questo tipo di booking, tra finzione e realtà, che rendeva il wrestling qualcosa per un pubblico di un certo tipo. Uno spettacolo d'impatto, forte da vedere, difficile a volte da digerire, ma che ti faceva sobbalzare sulla sedia. Sono stati quindi i cattivi a costruire quel telo di emotività, di spettacolarità, che oggi sembra svanire in un edulcorato mondo di Make a Wish e di Kofi Kingston?
No, momenti belli, grandiosi, memorabili li hanno regalati allo stesso modo i face, come non pensare, per fare solo un esempio, al commovente abbraccio del 2004 tra Eddie e Chris. Face loro, già. Sappiamo tutti però come sono tristemente finite le loro vite, quali gravi problemi, quale male abbiano dovuto affrontare nella vita reale, perdendo. Quindi cosa significa veramente essere dei good guys o dei bad guys? E' più facile essere face o heel? Domanda inutile, è difficile in ogni caso farsi amare, farsi un nome e non cadere nell'anonimato. Perchè quindi preferire il male? Perchè leggo addirittura qualcuno che rimpiange John Laurinatis? Forse perchè questo gm è stato talmente fedele nella sua missione di riproporci il personaggio, di rispecchiare le tante persone leccaculo, arriviste e senza carattere che vediamo salire ai gradini più alti della nostra società?
Sì, forse. La spiegazione potrebbe essere proprio questa. Personaggi del genere ci fanno riflettere, ironizzano nella finzione su dati inevitabili della nostra realtà. Sono i face che sono irreali, o meglio, i face alla John Cena. Dove esistono queste persone moralmente integre, eticamente ineccepibili, che si dedicano in questo modo così assiduo e sacrificale al lavoro e alla beneficenza? Appare un modello da ammirare, astratto, così astratto e lontano nella sua perfezione che non attrae nessuno, perchè nessuno ci si può rispecchiare, può vedere un barlume di sè in cotanta finzione buonista. Tant'è che anche il superoe John, quando si parla di vita privata, ha anche lui i suoi buoni scheletri nell'armadio.
Forse invece il bene e il male non esistono, sono concetti che vivono l'uno in funzione dell'altro. Il bene diventa male a volte, com'è successo a Ryback (che comunque fa cagare in entrambe le versioni). Il male diventa bene, basti guardare a che fine comedy sta facendo il grande mostro Kane. E tutto questo trambusto, riciclo, combinazione di heel e face rende tutto irreale, poco credibile, superficiale. Tutti siamo buoni, e cattivi, allo stesso tempo. Scomporre la personalità della gente in due categorie nette e separate e costruire personaggi con due soli colori ha reso, alla lunga, il wrestling un teatrino delle marionette, piuttosto che una grande rappresentazione teatrale. Che poteva andare bene venti anni fa, non oggi, dove il pubblico pretende qualcosa in più.L'aver puntato invece progressivamente, sempre più su un pubblico, su una fascia d'età più bassa, significa inevitabilmente tentare di forzare ciò che per natura non si può forzare: la complessità della persona.
Non mi ha stupito quindi la gente che è accorsa in massa ai funerali del famoso politico, noto peraltro per le sue frequentazioni con ambienti poco raccomandabili e con una storia giudiziaria tutt'altro che chiara. Agli italiani piacciono quelli disonesti ma potenti, quelli che tengono le maglie del potere più oscuro ma poi vanno a battersi il petto in chiesa la domenica. "Perchè tutto si può dire, ma era un vero cattolico". Brividi di freddo a pensare che sia questo quello che piace, che colpisce il cittadino medio. Commemorare l'incommemorabile. Indagare, scrutare, mettere il naso nei dettagli più inquietanti della cronaca nera, degli omicidi, per fare gossip e ascolti, nel pomeriggio delle casalinghe annoiate, che si chiedano come sia possibile che il loro mondo pulito possa essere scosso, all'improvviso dal male, dalla follia, dall'efferatezza. Il tutto sbattuto in prima pagina, con pianti, lacrime e sangue, nelle immagini di qualche trash show di serie b, paradisi del paradosso in cui presentatrici ingioiellate comode nel loro salotto buono fingono di commuoversi intervistando la figlia rimasta superstite in una strage familiare per mano di un disoccupato disperato. In quel momento, davanti a quel concentrato di spazzatura disinformativa che sono i telegiornali italiani, ho capito che devo stare tranquillo, e non preoccuparmi: capisco davvero cos'è il male, il vero male. Almeno i cattivi che tifo io, incarnano un personaggio. Il male vero, sta ancora fuori: il male che incancrenisce i mattoni di questa triste società, che incensa e fa accordi coi mafiosi e corrotti, che dà le prime pagine agli omicidi. Quindi tifare i cattivi, essere cattivi, come forma di protesta, di rifiuto: vi cito un comico che a me piaceva molto ma che purtroppo (o per fortuna sua) è scomparso dalla televisione italiana, Daniele Luttazzi : "E quando quel fazioso di B. vi dirà che voi siete mossi dall'odio, voi replicategli con le parole del grande oratore latino Quintiliano che ricordava "Odiare i mascalzoni è cosa nobile"; perché è cosa nobile? Ce lo ricorda Aristofane ne "I cavalieri", diceva: "Ingiuriare i mascalzoni con la satira è cosa nobile. A ben vedere significa onorare gli onesti". (da Rai per una notte, Bologna, 25 marzo 2010).
Non mi ripeterò sullo Shield e sulla giustizia perchè ne ho già parlato: a volte questi nuovi cattivi possono fare un bene, stanno facendo riappassionare molti alla disciplina. Spero che si prosegua su questa strada, mentre tristemente mi accorgo che davvero, i cattivi non sono più quelli di una volta: se constato che l'anno scorso Lesnar rompeva le braccia con la kimura e oggi, si limita a rompere le scrivanie e i notebook. I geni del male a volte muoiono,e la gente li ricorda con nostalgia, forse davvero pensando che non esistono più i cattivi di una volta. Mi consola constatare che i geni del male che piacciono a me, sono solo quelli che si muovono dentro un ring. E che, per tornare ad Eddie, gli unici "good guys" che possono piacermi sono quelli che hanno incontrato il male, ci sono rimasti invischiati dentro, ma hanno saputo trovare la forza per uscirne più consapevoli, più maturi. Comunque sia andata, nella mia memoria rimane un vincente. Quindi, se riusciamo a crescere e a diventare forti, lo dobbiamo ai cattivi, al male. Forse mi piacciono per questo: perchè consentono a chi si professa "buono",di vedere davvero di che pasta è fatto, e di mettersi alla prova.
Allora, partiamo da una considerazione di base. Ci sono due tipi di cattivi, quindi di male: un male violento, carismatico, palese, eccessivo, crudo e forte, che ne so, un Legend Killer, un Cerebral Assassin, un Ass-Kicker, questa roba insomma; e poi abbiamo un male subdolo, nascosto, che usa dei sicari, che tira le redini dei propri loschi piani nell'oscurità, meschino ma non per questo meno pericoloso, quasi divertente nella sua capacità di trovarsi una strada nella disonestà; che so, un JBL oppure, per fare qualche esempio, il caro vecchio John Laurinatis, a volte anche Edge, un Ric Flair, un Million Dollar Man.
Il primo tipo di male in effetti affascina non poche persone. Il wrestling in effetti, soprattutto quando esisteva la c.d."ruthless aggression", aveva un valore catartico, liberatorio. Insomma vedere degli stuntmen che si picchiano selvaggiamente per il nostro puro diletto ci permetteva di liberare le nostre ansie e passioni più recondite, sublimando nella visione dello spettacolo il desiderio inattuato di, che so, mandare a fanculo il nostro capo piuttosto che la gente che ci rompe le palle ogni giorno. In una società primordiale, in effetti, questo male fisico, brutale, detta le regole. E'la legge del più forte, la legge della giungla, come la chiama Ryback. Ingiusta ma naturale, chiara. Semplice, elementare nella sua atrocità. Per fortuna (o purtroppo?) non ci sono più i cattivi di una volta. Ryback, lo stesso "grande affamato" che predica che i pesci grandi mangiano i pesci piccoli, è passato alla schiera della seconda categoria di malvagi: la gente che si lamenta ma a cui va bene lo status quo; la gente che si sottrae quando le situazioni non sono più convenienti; chi è cattivo non per indole ma per pusillanimità, per incapacità di scelta e volontà di rendere la propria presenza nella società qualcosa di positivo e di costruttivo. La nostra evoluzione sociale ci ha insegnato un modo di essere cattivi e malvagi più elaborato, più cervellotico e furbo, che risparmia più il fisico ma distrugge valori, modi di vivere, senso di giustizia. Oggi vige la legge del più stronzo.
L'ultima volta che ho visto qualcosa di veramente cattivo (ora qualcuno penserà, e te pareva) è stato quando Paul Heyman ha imitato l'infarto di Jerry Lawler. Sì, disgustosamente sporco, cattivo, di pessimo gusto, politically uncorrect. Era questo tipo di booking, tra finzione e realtà, che rendeva il wrestling qualcosa per un pubblico di un certo tipo. Uno spettacolo d'impatto, forte da vedere, difficile a volte da digerire, ma che ti faceva sobbalzare sulla sedia. Sono stati quindi i cattivi a costruire quel telo di emotività, di spettacolarità, che oggi sembra svanire in un edulcorato mondo di Make a Wish e di Kofi Kingston?
No, momenti belli, grandiosi, memorabili li hanno regalati allo stesso modo i face, come non pensare, per fare solo un esempio, al commovente abbraccio del 2004 tra Eddie e Chris. Face loro, già. Sappiamo tutti però come sono tristemente finite le loro vite, quali gravi problemi, quale male abbiano dovuto affrontare nella vita reale, perdendo. Quindi cosa significa veramente essere dei good guys o dei bad guys? E' più facile essere face o heel? Domanda inutile, è difficile in ogni caso farsi amare, farsi un nome e non cadere nell'anonimato. Perchè quindi preferire il male? Perchè leggo addirittura qualcuno che rimpiange John Laurinatis? Forse perchè questo gm è stato talmente fedele nella sua missione di riproporci il personaggio, di rispecchiare le tante persone leccaculo, arriviste e senza carattere che vediamo salire ai gradini più alti della nostra società?
Sì, forse. La spiegazione potrebbe essere proprio questa. Personaggi del genere ci fanno riflettere, ironizzano nella finzione su dati inevitabili della nostra realtà. Sono i face che sono irreali, o meglio, i face alla John Cena. Dove esistono queste persone moralmente integre, eticamente ineccepibili, che si dedicano in questo modo così assiduo e sacrificale al lavoro e alla beneficenza? Appare un modello da ammirare, astratto, così astratto e lontano nella sua perfezione che non attrae nessuno, perchè nessuno ci si può rispecchiare, può vedere un barlume di sè in cotanta finzione buonista. Tant'è che anche il superoe John, quando si parla di vita privata, ha anche lui i suoi buoni scheletri nell'armadio.
Forse invece il bene e il male non esistono, sono concetti che vivono l'uno in funzione dell'altro. Il bene diventa male a volte, com'è successo a Ryback (che comunque fa cagare in entrambe le versioni). Il male diventa bene, basti guardare a che fine comedy sta facendo il grande mostro Kane. E tutto questo trambusto, riciclo, combinazione di heel e face rende tutto irreale, poco credibile, superficiale. Tutti siamo buoni, e cattivi, allo stesso tempo. Scomporre la personalità della gente in due categorie nette e separate e costruire personaggi con due soli colori ha reso, alla lunga, il wrestling un teatrino delle marionette, piuttosto che una grande rappresentazione teatrale. Che poteva andare bene venti anni fa, non oggi, dove il pubblico pretende qualcosa in più.L'aver puntato invece progressivamente, sempre più su un pubblico, su una fascia d'età più bassa, significa inevitabilmente tentare di forzare ciò che per natura non si può forzare: la complessità della persona.
Non mi ha stupito quindi la gente che è accorsa in massa ai funerali del famoso politico, noto peraltro per le sue frequentazioni con ambienti poco raccomandabili e con una storia giudiziaria tutt'altro che chiara. Agli italiani piacciono quelli disonesti ma potenti, quelli che tengono le maglie del potere più oscuro ma poi vanno a battersi il petto in chiesa la domenica. "Perchè tutto si può dire, ma era un vero cattolico". Brividi di freddo a pensare che sia questo quello che piace, che colpisce il cittadino medio. Commemorare l'incommemorabile. Indagare, scrutare, mettere il naso nei dettagli più inquietanti della cronaca nera, degli omicidi, per fare gossip e ascolti, nel pomeriggio delle casalinghe annoiate, che si chiedano come sia possibile che il loro mondo pulito possa essere scosso, all'improvviso dal male, dalla follia, dall'efferatezza. Il tutto sbattuto in prima pagina, con pianti, lacrime e sangue, nelle immagini di qualche trash show di serie b, paradisi del paradosso in cui presentatrici ingioiellate comode nel loro salotto buono fingono di commuoversi intervistando la figlia rimasta superstite in una strage familiare per mano di un disoccupato disperato. In quel momento, davanti a quel concentrato di spazzatura disinformativa che sono i telegiornali italiani, ho capito che devo stare tranquillo, e non preoccuparmi: capisco davvero cos'è il male, il vero male. Almeno i cattivi che tifo io, incarnano un personaggio. Il male vero, sta ancora fuori: il male che incancrenisce i mattoni di questa triste società, che incensa e fa accordi coi mafiosi e corrotti, che dà le prime pagine agli omicidi. Quindi tifare i cattivi, essere cattivi, come forma di protesta, di rifiuto: vi cito un comico che a me piaceva molto ma che purtroppo (o per fortuna sua) è scomparso dalla televisione italiana, Daniele Luttazzi : "E quando quel fazioso di B. vi dirà che voi siete mossi dall'odio, voi replicategli con le parole del grande oratore latino Quintiliano che ricordava "Odiare i mascalzoni è cosa nobile"; perché è cosa nobile? Ce lo ricorda Aristofane ne "I cavalieri", diceva: "Ingiuriare i mascalzoni con la satira è cosa nobile. A ben vedere significa onorare gli onesti". (da Rai per una notte, Bologna, 25 marzo 2010).
Non mi ripeterò sullo Shield e sulla giustizia perchè ne ho già parlato: a volte questi nuovi cattivi possono fare un bene, stanno facendo riappassionare molti alla disciplina. Spero che si prosegua su questa strada, mentre tristemente mi accorgo che davvero, i cattivi non sono più quelli di una volta: se constato che l'anno scorso Lesnar rompeva le braccia con la kimura e oggi, si limita a rompere le scrivanie e i notebook. I geni del male a volte muoiono,e la gente li ricorda con nostalgia, forse davvero pensando che non esistono più i cattivi di una volta. Mi consola constatare che i geni del male che piacciono a me, sono solo quelli che si muovono dentro un ring. E che, per tornare ad Eddie, gli unici "good guys" che possono piacermi sono quelli che hanno incontrato il male, ci sono rimasti invischiati dentro, ma hanno saputo trovare la forza per uscirne più consapevoli, più maturi. Comunque sia andata, nella mia memoria rimane un vincente. Quindi, se riusciamo a crescere e a diventare forti, lo dobbiamo ai cattivi, al male. Forse mi piacciono per questo: perchè consentono a chi si professa "buono",di vedere davvero di che pasta è fatto, e di mettersi alla prova.
FONTE:ZONAWRESTLING.NET